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Santo Spirito 11 Vino Liquoroso – Frescobaldi
Denominazione: Cagnina di Romagna DOC
Anno: NV
Grado Alcolico: 16%
Vitigni: Trebbiano toscano, Malvasia Bianca
Tipologia: Vino Dolce Liquoroso
Formato: 75cl
€8.10
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Description
Santo Spirito 11 Vino Liquoroso – Frescobaldi
DICIAMO DI LUI:
COLORE: giallo ambrato, molto vivace e limpido
PROFUMI: sentori fruttati, come uvetta e nocciole con una predominanza di fichi secchi e sfumatura finale data da profumi di vaniglia
GUSTO: morbido e consistente, con un finale caratterizzato da profumi di mandorla
ABBINAMENTO: dolci e pasticceria a base di pasta frolla o frutta secca
TEMPERATURA DI SERVIZIO: 8/10°C
DICONO DI LUI:
Il vin santo è un vino prodotto da uve lasciate appassire dopo la raccolta.
Ci sono varie teorie sull’origine di questo nome.
Una versione da Siena parla di un frate francescano che nel 1348 curava le vittime della peste con un vino che era comunemente usato dai confratelli per celebrare messa; subito si diffuse la convinzione che tale vino avesse proprietà miracolose, portandogli l’epiteto santo.
Un’altra versione viene da Firenze: durante il Concilio di Firenze del 1439, il metropolita greco Giovanni Bessarione proclamò, mentre stava bevendo il vin pretto: “Questo è il vino di Xantos!”, forse riferendosi a un certo vino passito greco (un vino fatto con uva sultanina pressata) di Santorini. I suoi commensali, che avevano confuso la parola “Xantos” con ‘santos’, credettero che egli avesse scoperto nel vino qualità degne di essere definite “sante”. In ogni caso, da quel momento il vin pretto fu chiamato Vin Santo.
L’origine meno romantica, ma probabilmente più verosimile, è l’associazione di questo vino con il suo uso comune durante la messa.
Secondo un’altra versione il vino è denominato Vinsanto perché anticamente le uve venivano fatte appassire fino alla settimana santa, indi poi pigiate e torchiate.
Tradizionalmente il Vin Santo veniva prodotto raccogliendo i migliori grappoli e quindi appassendoli in modo deciso coricandoli su stuoie o appendendoli a ganci (tradizionalmente le uve venivano stuoiate o appese in periodi di luna calante, o dura, con la convinzione di evitare così che marcissero). Ad appassimento avvenuto le uve venivano pigiate e il mosto (con o senza vinacce dipendendo dalla tradizione seguita) veniva trasferito in caratelli di legni vari e di dimensione variabile (in genere tra 15 e 50 litri) da cui era stato appena tolto il vinsanto della produzione precedente. Durante questa operazione si prendeva cura che la feccia della passata produzione non uscisse dal caratello in quanto la si credeva responsabile della buona riuscita del vinsanto stesso, tanto da chiamarla madre del vinsanto. I caratelli erano sigillati e in genere dislocati nella soffitta delle villa padronale o comunque in un sottotetto in quanto si riteneva che le forti escursioni termiche estate-inverno giovassero alla fermentazione e/o ai sentori del vino. Generalmente si riteneva che tre anni di fermentazione/invecchiamento fossero sufficienti per la produzione di un buon vinsanto anche se alcuni produttori lo invecchiavano (e lo invecchiano tuttora) per più di dieci anni.
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